Una novità che si chiama Yves Rocher

Non di rado capita che ci si trovi a dover rinunciare al primo dei sogni possibili.
Ma starsene con le mani in mano? Mai e poi mai! Che sia da un letto di ospedale o da un semplice divano.

Si aggiunge il fatto che chi mi conosce un minimo sa quanto io ami la cosmesi e la cura personale… e il gioco si fa in men che non si dica.

Così sono orgogliosa di annunciare di essere diventata consulente di bellezza per il marchio Yves Rocher, di cui peraltro ero utilizzatrice personale da almeno due anni.
Prodotti di ottima qualità che mi hanno aiutata anche nelle situazioni più critiche e ora posseggono anche il potere in più di farmi divertire a promuoverli e venderli.

Al momento lavoro nell’aerea di Genova ma non ho alcun problema di consegna/spedizione sull’intero territorio italiano.

Per facilitare i contatti potete scrivere a francesca.fichera@unina.it

Per pagare gli eventuali ordini si procede esclusivamente bonifico bancario su IBAN personale.

#InCorto: Happiness (Steve Cutts, 2017)

Happiness – Recensione

CineFatti

Happiness, ovvero la felicità dei topi

A noi di CineFatti non è mai piaciuta la retorica, specialmente se associata alle solite tiritere su capitalismo e alienazione. In questo caso però abbiamo deciso di fare uno strappo alla regola.

L’eccezione si chiama Happiness e la firma Steve Cutts con l’arte dei colori. Un grigio che si trasforma in fiumara pronta a riversarsi nella mancanza d’aria delle strade, dei treni metropolitani troppo pieni, nei centri commerciali zeppi di pazzi furiosi.

Al di là di tutto è inutile negarlo: esiste un certo tipo di familiarità con la manciata di episodi appena citata. Ma sarà sufficiente a sentenziare l’ennesima condanna contro il sistema capitalistico? La risposta con ogni probabilità sta nel mezzo.

L’amara condanna

Perché non tutti gridano e strepitano durante i saldi, non tutti vedono il lavoro come trappola (letterale) dove infilarsi per guadagnare il solito iconico quattrino tra file e…

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Design del Neoseriale

Questo libro raccoglie i risultati di un workshop svoltosi presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli per la cattedra di Sociologia della Comunicazione dei corsi di Graphic Design e Multimedia.

È a cura di Adolfo Fattori, docente di Antropologia delle Società Complesse presso lo stesso Istituto e raccoglie gli interventi di studiosi impegnati a scandagliare il rapporto tra media, immaginario contemporaneo e trasformazioni antropologiche in atto.

Film, serie tv, serie web: è in questi tre canali che precipita l’intero immaginario della narrazione moderna e poi postmoderna, compresi i furti che queste hanno commesso e continuano a commettere verso formazioni sociali precedenti, a partire dalla civiltà greco-antica.

L’immagine contemporanea è il punto di catastrofe di un universo popolato da tutte le visioni e i fantasmi creati e proposti dal cinema, dal fumetto, dalla fotografia, dalle avanguardie storiche, dalla pubblicità… fino ad arrivare ai videogiochi.

Non serve che io aggiunga altro: preferisco lasciare la parola (di nuovo) al curatore, a Emiliano Chirchiano, a Lorenzo Fattori, a Valerio Pellegrini e – se consentite – alla sottoscritta.


Un sentito grazie a Mino Degli Atti e alla redazione di Krill Books.
E mi raccomando di fare un clic qui!

Di fronte al mare

Da domani, sarò un uomo felice
Alleverò i cavalli, taglierò la legna, girerò il mondo
Da domani mi dedicherò a cereali e ortaggi
Avrò una casa di fronte al mare nella primavera in fiore

Da domani, scriverò lettere alle persone care
Per raccontare la mia felicità
Quel che un lampo di felicità mi ha detto
Io dirò loro

Sceglierò un nome caldo per ogni fiume e ogni montagna
Anche a te, straniero, auguro gioia
Che tu abbia un futuro radioso
Che tu abbia il tuo amore
Che tu possa essere felice in questo mondo di polvere
Io vorrei solo stare di fronte al mare nella primavera in fiore.

(Haizi 海子, Di fronte al mare, nella primavera in fiore, 1989)

Meyerowitz, Doorway to the Sea 1982 - Copia

Grazie a Giovanna P. per la scoperta.

#SabatoItaliano: Manuel (Dario Albertini, 2017)

Manuel – Recensione

CineFatti

Manuel, dai margini al centro dell’attenzione

Manuel Squitti (un Andrea Lattanzi da tenere d’occhio) ha il nasone che nasconde un viso gentile, anche se provato. Vive in una comunità di recupero per minorenni in difficoltà, dato che la madre ha da finire di scontare il carcere, ma lui sta preparandosi a rimettersi in gioco nella periferia della sua Roma.

Aggiustare casa, trovare un lavoro, assicurare agli assistenti sociali che tutto d’ora in poi andrà a posto: facile a dirsi, ma a farsi? La domanda naturalmente è retorica.

Perifer(ar)ia

Al protagonista del sottovalutato film di Dario Albertini, un diciottenneletteralmente soffocato dal contesto, viene affidato un senso di responsabilità imponente senza la possibilità di socializzarlo; di punto in bianco, uguale a un’incudine piovuta dal cielo sul suo capo insonnee solitario.

Ritornare come prima senza poterlo essere, all’ombra di palazzi e individui sempre uguali…

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